by Gioacchino Spera
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Storia del Crocifisso di San Nicasio
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“San Nicasio”- Caccamo 1990 Storia del Crocifisso di “San Nicasio” Un giorno del mese di agosto dell’anno 1990, mentre gli operai forestali lavoravano per la realizzazione del viale parafuoco nel bosco di “San Nicasio” del Comune di Caccamo, piccolo paesino della provincia di Palermo, di cui ero responsabile forestale, scorgevo improvvisamente in un albero, volgarmente detto “Albero di Giuda”, un ramo la cui forma sembrava plasmare la sagoma del Cristo. Colpito da quella forma insolita e guidato dalla mia passione per l’arte, lo tagliavo e, proprio in quel momento, curai la realizzazione di una bozza del Cristo Crocifisso. Dopo averlo fatto essiccare, iniziai a nutrire il desiderio di tenerlo con me, e così decisi di esporlo sopra un armadietto nel Rifugio di “Monte Rotondo”, località boschiva a 1000 mt. sul livello del mare, affidatami dalla Direzione Foreste di Palermo. Un giorno d’inverno dello stesso anno, mentre si consumava il pasto con gli operai dentro il rifugio per via del brutto tempo che imperversava su “Monte Rotondo”, e si chiacchierava, come mio solito, accennai a qualche passo del Vangelo. Ma ad un certo punto un operaio, interrompendomi, disse: “Signor Spera! La finisca con questo Cristo messo in croce!”. Fu proprio in quell’istante che, sotto lo sgomento di tutti, quel pezzo di legno, la cui forma si era fatta di Crocifisso, senza essere toccato da alcuno, cadde violentemente dall’armadietto dove era poggiato, e abbattendosi su quell’unica sedia vuota Vi si rompevano le gambe staccandosi completamente dal resto del corpo. Passano otto anni. È il 1997 quando l’ufficio mi assegna un’altra località boschiva, “Ficuzza”. Non dimentico del mio Crocifisso, lo portai a casa con me, dove cercai di ricomporlo senza, tuttavia, aver mai il tempo necessario per ultimarlo. Passa molto tempo; siamo nell’anno 2000, e con mio grande rammarico, mi accorgo che questo legno, anziché stagionarsi, come avviene comunemente per qualsiasi altro legno, man mano che si essicca diventa polveroso, e, dunque, soggetto a sgretolamento; le gambe intanto si erano completamente polverizzate. Dopo un’accurata ricerca ricostruisco le gambe con dei rami di ciliegio, rinvenuti tra vecchi arbusti per l’abbruciatura, che sembrano fissarsi alla perfezione al resto del corpo; quindi li assemblo e con una semplice tecnica artistica rivesto l’intero corpo con un leggerissimo strato di “gesso di Bologna” e colla vinilica, in modo che, sempre con il suo volere, possa conservarsi nei secoli. Sono passati più di dieci anni ormai; non definito del tutto, lo metto sopra una croce di legno realizzata con le mie mani. Provvedo anche a scolpirne la scritta “INRI” sopra una tavoletta; incastonando su di essa una piccola pietra a forma di goccia d’acqua, fattami recapitare da Gerusalemme e precisamente dalla strada di Gerico. Sono passati altri dieci anni; nell’estate del 2010 sono invitato, come artista scultore, a partecipare ad una mostra presso “Torre Alba”, nel paese di Cinisi. È così che sottopongo all’attenta analisi della direttrice della mostra tre delle mie sculture realizzate in legno: la “Madonna”, “La fuga d’Egitto” ed il “Cristo Crocifisso”. Il giudizio della direttrice sembra essere irremovibile: “la Madonna e La fuga d’Egitto vanno bene per la loro originalità! Ma il Crocifisso no!”; a suo dire di crocifissi ce ne sono già tanti e, pertanto, quest’opera non la vuole alla mostra. Con grande sofferenza mi premurai a riporre subito il Crocifisso in macchina, riproponendomi di ultimare il Crocifisso in ogni suo dettaglio e colore; in quel momento tanti ricordi affiorarono nella mia mente: da quell’operaio di “Monte Rotondo” alle difficoltà pratiche di conservazione e definizione del Crocifisso. Da quando lo intravidi tra le foglie di quell’albero del bosco di “San Nicasio” ne sono passati di anni; esattamente 22 anni. Oggi 16 marzo 2012, finalmente il Crocifisso è ultimato. Adesso, rimessolo nel posto di sempre del mio laboratorio, sembra che la sua storia non sia finita. Dal suo posto sembra interrogarmi. “Signore, eri nell’albero!”, come diceva Michelangelo, “l’artista libera dalla pietra le figure che vi sono imprigionate”, “ti sei manifestato ed ora sei stato ultimato, Signore! Cosa vuoi che io faccia per te? Parla, Signore, il tuo servo ti ascolta!” (1 Sam 3,10). Sto cercando di leggere questa meravigliosa sensazione che provo tutte le volte che lo guardo; dal suo posto sembra chiedermi che gli dia una collocazione con più luce e splendore, chissà, magari un posto dove un giorno tutti i fedeli lo possano pregare ed adorare. Questa è la vera storia del Crocifisso, denominato da me, di “San Nicasio”. Gioacchino Spera
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